I soci di una S.r.l. che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale possono convocare l’assemblea in caso di inerzia degli amministratori. È questa la conclusione di un’ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di imprese (giudice Guido Romano), dello scorso 30 settembre.
Nel giugno 2016 l’assemblea di una Srl, convocata dal socio titolare del 50% delle partecipazioni, aveva revocato il proprio amministratore unico, proprietario dell’altro 50% di quote. L’ex amministratore aveva iniziato un giudizio per ottenere l’annullamento della delibera, sostenendo che la convocazione dell’assemblea era illegittima in quanto effettuata da un soggetto a cui né la legge né lo statuto attribuivano il relativo potere. Nel corso del processo, l’attore ha chiesto, in via cautelare, la sospensione dell’efficacia della delibera. L’altro socio ha domandato il rigetto della richiesta.
Nel respingere l’istanza di sospensione, il tribunale osserva che l’articolo 2479-bis del Codice civile prevede le modalità di convocazione dell’assemblea, «ma tace sulla questione dei soggetti legittimati ad attivare il procedimento che conduce alla riunione assembleare».
Ci si è quindi chiesti se tale legittimazione spetti anche ai soci titolari di una determinata quota di capitale sociale.
Sul punto il tribunale afferma che «l’apparente lacuna» dell’articolo 2479-bis «deve essere colmata attraverso una autointegrazione delle norme che disciplinano questa fase del procedimento assembleare». Infatti, l’articolo 2479 del Codice civile attribuisce ai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale la facoltà di sottoporre singole questioni all’approvazione all’assemblea; inoltre, dai commi 2 e 3 dell’articolo 2476 dello stesso Codice si ricavano gli incisivi poteri di controllo attribuiti ai soci delle Srl nei confronti degli amministratori.
E dunque, se i soci titolari di un terzo del capitale possono sottoporre determinate questioni alla decisione dell’assemblea, si può ritenere che («pur con formulazione tecnicamente discutibile») la legge abbia stabilito «una regola generale di legittimazione attiva (…) di convocazione diretta dell’assemblea» stessa su quei medesimi argomenti.
Si tratta, comunque, di un potere condizionato dall’inerzia degli amministratori, che abbiano omesso di convocare l’assemblea dopo una richiesta dei soci.
Infatti, «deve escludersi – si legge nell’ordinanza – che il socio possa avvalersi del potere in argomento in contrasto con la legittima attività dell’amministratore». Ma se il socio ha convocato l’assemblea dopo il «comportamento omissivo dell’organo gestorio», gli amministratori non potranno poi revocare tale iniziativa né indire una diversa assemblea.
Nel caso in esame, il socio convenuto aveva chiesto all’amministratore di riunire i soci, ma la richiesta non aveva avuto riscontro; così aveva convocato l’assemblea perché si votasse, fra l’altro, sulla revoca dell’amministratore e la nomina di quello nuovo.
La convocazione effettuata dal socio era legittima e dunque non poteva essere bloccata da una tardiva iniziativa dell’organo gestorio.Il tribunale ha escluso che ricorressero le condizioni per la sospensione cautelare della revoca deliberata dall’assemblea.
Fonte: Sole 24 Ore